En Roco

"L’ultimo sguardo"

Dischi Soviet Studio

14 Ottobre 2016

Con “L’ultimo sguardo” gli En Roco sono giunti al quinto album ed è quindi tempo di affermare quanto è stato precedentemente scritto su di loro e sul loro raffinato indie-pop di notevole spessore: una band quella ligure, che pur facendo della semplicità e di una certa “normalità” umana la propria bandiera, rivela una profondità artistica complessa, oltre che una maturità ormai più che consolidata dopo 15 anni di esperienza, scanditi non solo dai quattro riuscitissimi album precedenti più un EP e un 7 pollici, ma costellati anche da una miriade di incontri e progetti. “L’ultimo sguardo” è un album composto da 14 tracce nate in collaborazione con un novero di notevoli musicisti e si presenta in modo decisamente originale: ad esempio grazie alle varie copertine del disco tra cui si potrà scegliere la copia da acquistare, idea nata dalla collaborazione tra En Roco, Papê e Egg Creative Stuff e realizzata presso il laboratorio serigrafico del collettivo Disorder Drama di Genova. Il risultato è l’interazione tra molteplici linguaggi e il desiderio di collaborare per creare sempre qualcosa di nuovo, che continuerà anche nei mesi successivi alla pubblicazione dell’album, mesi nei quali gli En Roco porteranno in tour illustrazioni, opere uniche e in serie, per allestire piccole mostre aggiungendo così una componente visiva alla musica ed andando a rafforzare quel concetto di “sguardo” che fa da tema portante all’intero album. “L’ultimo sguardo” è quello che usiamo per entrare davvero in contatto con la realtà, capendone il senso in un tempo relativamente breve ma lungo abbastanza da imprimersi dentro di noi e lasciarci qualcosa prima di sparire. Uno sguardo è anche “ultimo” perché quando le cose riaffiorano ai nostri occhi e ai nostri sensi appariranno sempre diverse, non solo laddove ci si presentano con altre sembianze ma specialmente perché noi stessi ci relazioniamo con altri sentimenti: ogni sguardo è anche l’ultimo, perché quello successivo, avendo altri presupposti, è sempre uno sguardo nuovo. Si parte subito a ritmo sostenuto con il trittico composto da “Elettricità”, “Salvo il salvabile” e “Dormo e non lo so”. La quarta traccia “A Pietra Ligure” è una veloce ma efficace cartolina dalla Liguria, dedicata ai ricordi d’infanzia del cantante e scrittore Enrico Bosio. Chitarre e batteria in levare fin dalle prime note nell’ancor più concentrata “La Complicità”: il ritmo serrato di ogni strumento la fanno sembrare una piccola scheggia, dove la malinconia si affaccia inafferrabile tra i passi veloci del brano. “La Soluzione”, che ospita la voce di Amerigo Verardi, affiancata da quella di Francesca Sophie Giona, è uno dei momenti più intensi dell’album, un brano dalle venature quasi dark, tutto costruito in crescendo e dedicato alla dialettica tra musica, silenzio e parole. La seguente “Mi perdono” si apre con i malinconici arpeggi a 12 corde della chitarra di Gionata Mirai, per virare gradualmente verso un registro decisamente rock. E’ poi il turno di “Su quei monti” il pezzo che nei suoni possiamo avvicinare maggiormente a una certa tradizione di canzone genovese. “Io ti salverò” suona decisamente baustelliana, in parte anche per il dialogo tra voce le voci maschili di Enrico e quella femminile di Francesca. “Zitta” alza di nuovo il ritmo e ci racconta il potere distruttivo dei dubbi all’interno delle relazioni sentimentali. “Il dio del mare” è un altro dei momenti più importanti del disco e vede ospite Lori Goldston (musicista e compositrice già al fianco di Nirvana, Earth, David Byrne, Parenthetical Girls, Dead Science, Black cat Orchestra) al violoncello, la cui presenza dona grande profondità sonica a un bellissimo brano, in cui l’incrocio degli strumenti costruisce un vero paesaggio della natura e dell’anima. “In senso deteriore” vanta la maggiore presenza di ospiti di tutto il disco: da Gimmi Guenn, Deian e Tristan Martinelli alle voci, al banjo di Alessandro Davi, al clarinetto finale di Jacopo di Forte. Siamo ancora dalle parti di un leggero pop striato di folk in “Ragionare con i piedi” e poi l’album si chiude con l’ipnotica “Qualcosa da dire”, in cui troviamo ospite di nuovo il clarinetto di Jacopo di Forte.