Revo Fever

"Vivere il buio"

Hit Happens

27 Gennaio 2017

Nell’eterna lotta tra gli opposti la parte del polo negativo è più spesso affidata al buio che alla luce. Eppure il buio è una parte fondamentale della nostra esistenza, la notte reale o metaforica è un momento in cui nascondersi, riposare ma anche lasciarsi andare, liberi come animali o come fantasmi. E’ forse ancora più naturale saper vivere la notte se si hanno 25 anni come i quattro Revo Fever. Nati e cresciuti a Milano, con alle spalle molti concerti e alcuni EP (il primo dei quali è stato prodotto da Federico Dragogna dei Ministri) Aligi (voce e chitarra), Eddi (chitarra acustica) Costantino (voce e basso) e Mauro (batteria e cori) sono insieme fin da giovanissimi ma ora fanno un passo più adulto con la pubblicazione del loro primo album. Dopo aver passato un anno e mezzo chiusi in sala prove, un periodo di ricerca ed esperimenti in cui si sono posti dei vincoli ben precisi (“raccontare le nostre notti utilizzando come ingredienti principali un mix di psichedelia e r’n’b”) hanno deciso di affidarsi a Marco Olivi (già al lavoro con Tommaso Colliva negli ultimi album di Ghemon e Selton) che ha fornito un contributo fondamentale nel trasformare in materia ordinata ma pulsante la messe di spunti portati dalla band in studio. Il risultato è “Vivere il buio”, 10 tracce che raccontano quelle atmosfere surreali e allucinate sospese tra il buio e l’alba, un vero spazio di evasione, tempo e luogo in cui ricercare la libertà più genuina. “Vivere il buio” è anche il risultato di un crowdfunding in cui l’obiettivo è stato raggiunto in meno di 48 ore. Finita la campagna su Musicraiser, i RF hanno registrato in presa diretta al Mono Studio di Milano (dove ultimamente hanno lavorato anche Thegiornalisti, Bugo, Adam Green e Lucio Corsi). Il disco, registrato e mixato dallo stesso Marco Olivi, vede anche la partecipazione dei Selton nel brano “L’oro”. Influenzati dall’ascolto dei classici ma anche di molta black music e psichedelica recente, ascolti che spaziano da Unknown Mortal Orchestra a D’Angelo, dai Tame Impala e Kendrick Lamar, da Lana Del Rey agli Arctic Monkeys, i quattro giovani milanesi hanno ribaltato, tagliuzzato e ri-amalgamato quasi trenta canzoni con l’aiuto prezioso di Marco Olivi, maneggiando ogni singola parte con un approccio più da produttori di elettronica che da rock band, benché sia stato tutto suonato da batteria, basso, chitarra acustica e chitarra elettrica. L’album si apre con “Martedì”, brano che contiene i temi principali del disco: la notte, la libertà di lasciarsi andare, l’immagine dello spazio come sinonimo di evasione. Nacque in un martedì sera abbastanza grigio, quando l’inverno di Milano riempie le strade di nebbia e svuota i locali dai meno impavidi: una serata senza storia, bella proprio per la libertà con cui successe tutto. Il pezzo si conclude con un estratto dal film Drive. Eddi, principale autore dei testi racconta: “la prima volta che ho visto Drive ero in un cinema occupato, di quelli che fanno gli spettacoli dopo la mezzanotte. Forse per questo lo considero il film notturno per eccellenza: le sue atmosfere hanno contribuito non poco a costruire l’immaginario di «Vivere il buio»”. Segue la title track e primo singolo “Vivere il buio” un brano costruito su un vortice crescente d’intensità e leggerezza, uno slancio che sale quando guidi nel buio e ti senti svuotato da tutte le paranoie quotidiane e si prova una sensazione molto liberatoria, difficilmente descrivibile a parole. Un preciso mood che i Revo Fever in questo pezzo, come in tutto il disco, hanno cercato di esprimere in musica. “4 del mattino” è dedicata a chi come i membri della band lavora di notte: nel weekend, le 4 del mattino sono l’orario in cui staccano e vanno in giro a vedere come finirà, un po’ come degli animali che vengono liberati in città e vagano senza una meta precisa. Un inno a vivere i rimasugli della notte. Lo special del pezzo contiene una registrazione dalla radio di un taxi su cui Aligi ci racconta: “ero a Barcellona, alla fine di una notte brava prendemmo un taxi per tornare a casa. La voce della radio che parlava spagnolo velocissimo mi sembrava uscita da un pezzo di Manu Chao, dovevo assolutamente registrarla. Mi piace perché mi riporta proprio a quell’atmosfera pazza che si respira nelle ore finali della notte”. “Il Re dello spazio” omaggia un disco molto amato dalla band, “AM” degli Arctic Monkeys, oscuro, sensuale, perfettamente ritmato, ricco di giri di basso pulsante e groove, a cui o RF hanno aggiunto elementi non-Arctic Monkeys come la ripetizione ossessiva del testo, il ritornello super delayato e le ritmiche wonky, che danno a questa canzone il sapore di un mantra urbano e notturno. “Mi stacco” è sicuramente il pezzo più psichedelico del disco, in cui le visioni di mandrie esotiche entrano galoppando nelle notti di dopolavoro. I cori del brano sono stati eseguiti dai partecipanti al crowdfunding. “Quello che cercavi” è l’unico vero pezzo d’amore del disco e parla dell’aspetto più bello di una relazione: ricercare insieme la libertà. L’immagine del mare, ripresa nella successiva “Mare di Notte”, come quella dello spazio ricorre come simbolo dell’evasione e presenta molte affinità con la notte. In questo pezzo entra in scena come un’allucinazione che anima le strade di città in un sabato sera qualsiasi, travolgendo tutto e tutti. “Altri Orizzonti” parla delle difficoltà di trovare un impiego che ci realizzi pienamente e che ricompensi di conseguenza ed è l’unico pezzo cantato dal batterista, Mauro, che spiega “Ascolto tantissima musica black, in questa canzone abbiamo voluto fare una cosa un po’ alla Anderson Paak, con il cantato che si muove direttamente sul beat piuttosto che seguire l’armonia”. In merito a “L’oro” è invece Costantino a raccontare l’origine: “L’anno scorso, per Natale, regalai a ognuno degli altri Revo uno strumento costruito da me con materiali di recupero. Per Eddi costruii una specie di chitarra semplificata applicando un pick up e una corda su una grande schiumarola (quella per raccogliere i fritti). Suona come uno scacciapensieri super metallico, dovevamo assolutamente metterla nel disco! Così «L’oro» si apre proprio con un loop registrato con questa «schiumarola elettrificata»”. Il pezzo include anche un featuring con i Selton. Aligi spiega: “io e Eddi abbiamo preso lezioni da Ramiro (io di canto, lui di chitarra) e da lì è nata una bellissima amicizia, che va ben oltre la musica. Col tempo abbiamo legato anche con gli altri tre e possiamo dire che i Selton sono davvero le persone più gioiose di questo mondo. Perciò quando ci siamo trovati con questo pezzo a più voci ci siamo detti «Hey, perché non chiediamo ai Selton di metterci le mani?». Gli abbiamo passato le tracce e loro ci hanno aggiunto tastiere pazze e cori (il loro marchio di fabbrica). Il risultato ci ha fatto impazzire dal primo ascolto!”. Nella finale “Serrande abbassate” si parla di quella che è stata chiamata a volte generazione Erasmus, altre volte generazione Easy Jet: hanno dato le più disparate definizioni alla generazione a cui appartengono i Revo, fatta di ragazzi sempre più dispersi in giro per il mondo per studio o lavoro. Saranno anche termini da giornalisti, ma come tutti i luoghi comuni contengono un fondo di verità “il 90% dei nostri amici è partito all’estero per un periodo più o meno lungo. Nessuno di noi quattro ha fatto un’esperienza simile e questa canzone racconta proprio un incontro con un amico che torna a Milano in una deserta notte d’agosto. Così iniziano ad accumularsi i ricordi di questi due amici cresciuti insieme: i posti e le persone che non ci sono più, il piacere di riportare alla memoria aneddoti dimenticati” È sicuramente il pezzo più malinconico del disco, ma non per questo triste: qualsiasi cosa succederà alle vite dei due amici, sanno che un giorno si rincontreranno e sarà come se non si fossero mai separati. Proprio come è successo finora ai Revo Fever.