Villa

"Villa"

L'amor mio non muore

02 dicembre 2022

Roberto Villa è un compositore, produttore e bassista da anni attivo sulla scena italiana (attualmente suona sia nella Gang dei fratelli Severini che nella nuova formazione a quattro dei Ronin di Bruno Dorella) che, dopo aver pubblicato tre 45 giri tra il 2019 e il 2021, arriva alla prova sulla lunga distanza. L’album è un lavoro strumentale a cui hanno partecipato numerosi musicisti; alla base c’è un’idea compositiva e sonora molto delineata, caratterizzata da ritmiche asciutte arricchite dalla presenza di un quartetto d’archi e di molti strumenti a tastiera. Nell’album non suonano chitarre: l’unico strumento a corda è il Fender Jazz Bass di Roberto stesso, suonato in diretta sul banco Argentini anni ’70, cuore del suo studio di Forlì, che porta il suggestivo nome de L’Amor Mio non Muore.
La scelta degli strumenti e in particolare quella di rinunciare alle chitarre è una sorta di percorso di sottrazione che vediamo tracciato nei tre 7 pollici pubblicati in precedenza: nel primo, “Plasma/Torbido” (2019), trovavamo le chitarre al centro della scena; nel secondo, “L’etere/La Rinascita” (2020), gli archi guadagnano spazio e nel terzo, “Angoscia/Sospetto” (2021), le chitarre sono “strumenti di servizio”; il ruolo centrale è affidato al clavicembalo e ai sintetizzatori modulari. In questo album, in assenza totale di chitarre, sono le tastiere ad esporre le melodie e a creare mondi sonori laterali, donando una fluidità di ascolto all’insieme nonostante il contrasto con la sezione ritmica e gli archi. Nel disco troviamo passaggi nettamente cinematici e vintage, come nella prima traccia “Solchi”, in cui dialogano Farfisa e sintetizzatore, vibrafono e pianoforte. La vertiginosa “Enigma” e la traballante “Cracovia”, il cui tema viene esposto all’unisono da vibrafono e organo Farfisa, mentre nel finale si aggiungono un Mellotron d’epoca e cori morriconiani. La schizofrenica “Psyche” in cui si alternano momenti con tempo e intenzione completamente diversi; da un lato un sintetizzatore da commedia sexy all’italiana, dall’altro frangenti di assoluta dilatazione, quasi psichedelica. La “Rinascita”, che chiude l’album, è piena di quella nostalgia e grazia che avevano gli sguardi delle meravigliose attrici dell’epoca d’oro del cinema italiano. Ci sono invece brani in cui i synth e gli strumenti acustici dialogano fino a costruire pattern contemporanei o addirittura neoclassici: si ascoltino “Liberazione”, con il pianoforte in primo piano e l’ammaliante “Attimo” che ad una pulsazione quasi dark sovrappone una serie di layer elettroacustici sempre più ricchi di emotività. Nella gelida “Livore” invece la fa da padrone il piano Wurlitzer anni ’50 che espone il tema.
Roberto Villa è un musicista che vive in continuo contatto con altri artisti, suonando con loro dal vivo, registrando i loro dischi o producendoli, ed è lui stesso ad identificare nel costante stimolo ricavato da tali collaborazioni uno dei principali motori di questo suo lavoro solista, realizzato grazie alla presenza di moltissimi altri collaboratori musicisti. L’album è stato registrato nelle sale de L’Amor Mio Non Muore, su nastro magnetico, su macchine Studer e Telefunken. A differenza di quasi tutti i dischi su cui Villa lavora normalmente, questo è stato suonato tutto in sovra incisione. Lui spiega però che al lavoro di post produzione ha messo dei limiti: “Per mia convinzione mentale non supero mai le 16 piste… se un brano non sta in piedi con 16 piste vuoi dire che da qualche parte c’è un errore”.