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Long Walks in the Dark

Dopo una lunga pausa discografica di 7 anni, interrotta nel 2023 dall’EP di cover di David Bowie “I’m Deranged” uscito in primavera, torna con un album di inediti Stella Burns, musicista, polistrumentista autodidatta, autore e cantante, grafico e videomaker, già membro degli Hollowblue. “Long Walks in the Dark” è un disco che ha avuto una gestazione lunga, un lungo cammino attraverso vari lutti che, in modi diversi, hanno segnato gli anni che lo separano dal suo ultimo album in studio. Dalla perdita degli amici Dan Fante (con cui ha collaborato in molte occasioni durante il percorso con gli Hollowblue) e Franco Volpi, alla scomparsa del padre; fino alla morte dello stesso Bowie, che ha rappresentato la fine di un’epoca per molti. La “presenza” di Bowie la troviamo anche nell’immagine della copertina: il bicchiere di latte è una citazione di un’intervista a Bowie tratta dal documentario del ’74 “Cracked Actor”.
In mezzo a difficoltà personali e collettive, Stella Burns ha continuato a scrivere musica e comporre canzoni, ora raccolte in questo lavoro che, se da una parte è estremamente intimo e personale, dall’altra viene alla luce grazie al contributo di un incredibile numero di musicisti talentuosi. All’interno dell’album troviamo tra gli altri Sergio Carlini dei Three Seconds Kiss, Laura Loriga dei Mimes of Wine e Davide Grotta e alcuni veri duetti: con Mick Harvey (noto per il suo lavoro con Nick Cave e PJ Harvey), con Ken Stringfellow (dei The Posies e R.E.M.), con Marianna D’ama (parte della band live dei Timber Timbre) e un brano con uno spoken word di Dan Fante.
Le atmosfere sono ancora una volta quelle care all’artista, create da un suono cinematografico da frontiera americana: tra fiati mariachi (“Satellite” e l’apertura programmatica di “Amor”) ed epica western in cui si mischiano lingua italiana ed inglese (la title track), tra intense rock ballad dai sapori vintage (“Love and Thunder”), così come il duetto con Mick Harvey (“My Heart is a Jungle”) e brani dalle venature più folk che immaginiamo suonati intorno ad un fuoco acceso nella notte delle Grandi Pianure (“Long Black Train” o la stupenda “Stupid Things”). Un disco che è un viaggio di cadute e risalite, che regala anche momenti in cui si respira un’atmosfera di speranza (la beatlesiana “End of the Snowfall” in compagnia di Ken Stringfellow e la finale “We Cannot Decide” scritta e registrata subito dopo la lunga malattia causata al musicista dal Covid nella primavera del 2020) in cui ritroviamo un artista maturato da un punto di vista compositivo e vocale, che non ha paura di mostrare ferite e cicatrici, ma che si nutre anche dell’ambizione di scrivere e suonare brani che superano le mode, che viaggiano nel tempo e nello spazio e che hanno il potere di restare.

I’m Deranged

Stella Burns è l’alter ego di Gianluca Maria Sorace. Musicista, polistrumentista autodidatta, autore e cantante, grafico e videomaker, Gianluca ha militato nella band Hollowblue (con cui ha pubblicato tre album) e nel 2011 ha dato vita al suo progetto personale, con cui ha pubblicato due album: “Stella Burns Loves you” nel 2014 e “Jukebox Songs” nel 2016: torch songs in bilico tra un Morricone a bassa fedeltà, un folk viscerale e un immaginario mondo anni ’50, intimo e personale. Dopo una lunga pausa discografica, nel 2023 torna con un Ep di cover di David Bowie, in uscita a fine marzo, che anticiperà il nuovo album la cui pubblicazione è prevista per il prossimo autunno, entrambi in uscita per le label Brutture Moderne e Love & Thunder.
Per questo EP di 6 brani Stella Burns ha selezionato canzoni non molto conosciute ma che sono state una costante nei suoi ascolti degli ultimi quasi 40 anni. Bowie è stato per la sua formazione, non solo musicale, una figura così fondamentale che non è stato facile superare i timori e gli scrupoli del confrontarsi con alcuni suoi brani. “Per me, Bowie incarna la potenza dell’arte, della dedizione e dello studio come veicoli per raggiungere una maggiore consapevolezza e crescita personale, senza dimenticare di divertirsi lungo il percorso”. I pezzi scelti per le cover di questo Ep non sono tra i più famosi, il che ha permesso a Stella Burns di distaccarsi mentalmente dai cliché dei numerosi, spesso didascalici, tributi pubblicati nei decenni. È stato più facile affrontare queste canzoni come se fossero sue, utilizzando strumenti, tempi e dinamiche che gli appartengono. L’Ep si apre con “I’m deranged” brano del ’95 utilizzato da David Lynch nei titoli di coda di “Lost Highways”: rispetto all’incedere jungle dell’originale la versione di Stella Burns è dilatata e sospesa nella prima parte per poi precipitare in un vortice sonoro di pianoforte e trombe (in cui ad un certo punto entra un parlato dello stesso Bowie). “Shadow man”, outtake dell’album di Ziggy Stardust, viene riscoperta pur lasciandone intatta la natura di canzone grezza e piena di vita nello stile Bowie/Ronson “Ho cercato di mantenere quell’aspetto di immediatezza dato dall’essere una versione incompiuta” spiega Gianluca. “We are the dead”, scritta da Bowie nel ’74, cantata per la prima volta da Gianluca nella sua camera di adolescente, è una cascata di parole piuttosto impegnativa da interpretare; Stella Burns l’ha resa più acustica, cambiato alcuni accordi e l’ha cantata con un microfono anni ’50. “Rubber band” è una delle canzoni giovanili di Bowie, uscita come singolo nel 1966. “Mi è sempre sembrata leggera e carismatica. Ho mantenuto la stessa atmosfera da banda, inserendo però anche una batteria elettronica Casio.” La successiva “Where are we now?” è un brano di particolare importanza per i fan di Bowie, che lo pubblicò su iTunes il giorno del suo compleanno, l’8 gennaio, del 2013 senza nessun annuncio o promozione, dopo 10 anni di silenzio. Un brano intimista e malinconico che qui viene proposto utilizzando fiati e archi in modo cameristico, con un occhio alla musica tedesca degli anni ‘20. L’Ep si chiude con “Eight line poem” una canzone tratta da “Hunky Dory”, intonata da Bowie con piglio da cowboy. E il cowboy Stella Burns l’ha registrata in un’unica take di chitarra e voce “Nella mia versione Clara diventa Lupa, il nome della mia gatta, nel verso “puts her head between her paws”.
La copertina, grazie all’aiuto dell’AI, con la quale Gianluca sta sperimentando nella sua attività di grafico, è una fusione dei suoi tratti somatici con quelli di Bowie. “Realizzare una cover vuol dire appropriarsi in qualche modo della creatività altrui e filtrarla attraverso la propria. Fondere i nostri tratti somatici mi è sembrata quindi la cosa più naturale da fare e realizzarlo con una tecnologia innovativa un omaggio a Bowie stesso che era sempre un passo avanti anche in ambito tecnologico.”