Il cielo si sta oscurando

In principio fu un disco di sola chitarra acustica, fingerpicking in presa diretta e senza sovraincisioni, poi uno di chitarra elettrica insieme ad un’ensemble di fiati. Ora, Egle Sommacal torna con il suo terzo disco solista, “Il Cielo Si Sta Oscurando”, riprendendo in mano l’acustica e mettendola al servizio di un’idea, di un concetto, che come un sottile filo conduttore attraversa tutto l’album. Ma andiamo con ordine: Egle Sommacal può essere conosciuto ai più come il chitarrista dei Massimo Volume, uno dei gruppi più rappresentativi e osannati dell’underground musicale italiano degli ultimi vent’anni. Ma Egle Sommacal, smessi i panni del chitarrista rock, è prima di tutto un amante e uno studioso del proprio strumento, un musicista che da sempre ricerca le (in)finite possibilità con cui trasmettere, attraverso sei corde, quello che sente e che lo circonda, con un proprio stile e una propria sensibilità. Per questo, a scanso di equivoci, “Il Cielo Si Sta Oscurando” non c’entra con i Massimo Volume, e non è nemmeno un disco country o bluegrass, o un qualcosa à la John Fahey solo perché è suonato in solitaria con la tecnica del fingerpicking. Questo è un disco influenzato dalla musica minimale americana, con rimandi alla musica classica, che ha preso forma da un esercizio di trascrizione per chitarra acustica delle partiture di pianoforte di Philip Glass, esercizio diventato presto un mondo nuovo, fatto di dinamiche e posizioni mai esplorate. C’è un senso di oscurità che si insinua nei nove brani di questo album, che sembra composto con quei colori plumbei anticipatori di un temporale, della gravità che lo accompagna. Egle marcia sui titoli e sulle sensazioni che evocano, dall’apertura che dà il nome all’intero disco a “Nuvole Sopra La Bolognina”, da “Nessun Posto Sicuro” a “Gravità”, dove un gioco di delay rende quasi tangibile la pioggia pronta a cadere. Passa da una “Hello Guys” nel lato A al suo reprise nel lato B, fermandosi per rendere omaggio a Erik Satie, di cui esegue una versione di “Première Gymnopedie” trascritta per chitarra acustica. E se “L’ultimo Dei Collezionisti” lascia aperte tutte le interpretazioni del mondo, “Ryou-Un Maru” invece è la storia minima dell’omonimo peschereccio, staccatosi dalle coste giapponesi dopo il maremoto del 2011 (quello della centrale di Fukushima) in una deriva solitaria durata centinaia e centinaia di kilometri, terminata con l’affondamento vicino le coste del Canada. Registrato in presa diretta, questo è un disco che rimane addosso, nella sua scarna complessità, nei suoi intrecci circolari che caratterizzano sempre più lo stile chitarristico e compositivo di Egle. Il cielo si sta oscurando, per cui copritevi. O aspettate che il temporale vi cada in testa.