Liminal

Se c’è qualcosa che abbiamo capito dei Valerian Swing nel corso della loro carriera è che si prendono tutto il tempo di cui hanno bisogno per dare vita ad una nuova opera. Uno spazio riconosciuto a livello internazionale costruito con soli tre album, usciti a tappe ben distanziate tra loro: un esordio, che fu davvero fulminante, nel 2011 e il più recente “Nights” risalente a 7 anni fa, che nel nostro tempo sono un’epoca intera. Anni che sono stati evidentemente pieni di ascolti, esperienze ed influenze ampie e articolate, dato che sarebbe improprio definire ancora il trio emiliano come una rock band, seppur sperimentale. “Liminal”, quarto album dei Valerian Swing in uscita all’inizio della prossima estate, unisce gli elementi di post rock e math che ci aspettiamo ad altri provenienti dal jazz contemporaneo, dal grime e dal mondo delle colonne sonore. All’ascolto si possono sentire echi di artisti come GoGo Penguin, Badbadnotgood, Jon Hopkins e Jóhann Jóhannsson insieme a scorci di Battles, Kayo Dot oltre ad influenze del prog italiano.
“L’anima di questo disco deriva in parte dalla necessità di lavorare come band in due paesi diversi”, spiega il chitarrista Stefano Villani. “Viviamo in Italia e in Germania e non è affatto facile incontrarsi tutti insieme per provare. Per questo abbiamo iniziato a produrre massicciamente con Ableton e a scambiarci i progetti. È stato sufficiente un breve periodo per capire come questo cambiamento di processo ci abbia portato a una visione diversa della nostra musica. Abbiamo sentito il bisogno di cambiare radicalmente il nostro sound e di allontanarci dall’etichetta di ‘math-rock’ che avevamo in passato, per andare avanti in una direzione più contemporanea e sperimentale. Soprattutto, sentiamo che questo album è completamente libero dal punto di vista artistico. Ne siamo orgogliosi”.
”Liminal” è un album in cui il dub coesiste con le melodie del post-rock, in cui il rapido ritmo della batteria jazz si affianca a una ricca orchestrazione. Sintetizzatori scintillanti serpeggiano tra strati di basso, batteria e chitarra. È un meraviglioso connubio di elementi elettronici, sintetici e acustici; un disco che opera ai margini delle cose, spingendosi verso nuove forme d’arte e di musica. Come confermato anche dal featuring dell’artista grime britannico Flowdan (tra l’altro, recente vincitore di un Grammy) in “Badman (Ting)” l’ambizione e l’eclettismo hanno dato i loro frutti, confermando i Valerian Swing come uno dei gruppi contemporanei più interessanti d’Europa. Il primo singolo estratto dall’album “Pond Riddim” si apre con una lunatica linea di synth e chitarra, portata avanti da basso e batteria. Dopo novanta secondi, però, si iniziano a sentire squarci di trombe, canti monastici ed elementi percussivi elettronici. La canzone si snoda e ritorna alla melodia iniziale, mentre loop e texture iniziano a costruirsi verso un crescendo che si colloca a metà strada tra il post-rock e il jazz contemporaneo. “L’intero concetto è partito da un beat dancehall/steppa di Francesco” spiega Villani. “È un tributo al coraggio dei musicisti giamaicani che hanno dato vita a un’arte così rivoluzionaria, un meraviglioso viaggio attraverso la bruma colorata delle nostre influenze”. Qual è il legame tra le influenze giamaicane e questo breve sogno fatto di un nebbioso assolo di pianoforte, sample di voci seducenti e poliritmie? La risposta è la sperimentazione libera, che unisce questi elementi in un tutt’uno. “Pond Riddim” svela infatti l’impulso che sta alla base di “Liminal”: l’abbraccio radicale e il gioco degli opposti. Dall’acustico al sintetico, dal rock all’elettronica, dalla linearità alla pluralità. Una delle tracce più cupe dell’album, “The Ritual” si apre come un pezzo post-apocalittico alla Godspeed You! Black Emperor, prima di passare a un futurismo distopico di stampo industrial. Il movimento finale del brano rivela un epico paesaggio urbano illuminato da insegne al neon, con i marciapiedi che scrosciano di pioggia acida: un pezzo che non sarebbe fuori posto in Blade Runner 2049. A questo si contrappone il potente featuring dell’MC londinese Flowdan in “Badman (Ting)”, che si adagia su un beat shuffle influenzato dal dream pop; o “Indigo”, che si apre come una ballata downtempo (con la voce di Giovanna Cacciola degli Uzeda) e cresce con pianoforte e beat elettronici pulsanti, prima di raggiungere un crescendo di drum-and-bass a strati. “Gor-ai” oscilla tra movimenti cinematografici intervallati da nuvole di rumore, densi strati di synth e chitarra, prima di coagularsi in un martellante ed oscuro tema sci-fi.

Con ”Liminal” i Valerian Swing ci offrono la loro visione musicale di un futuro distopico. L’album, il più maturo e ambizioso che abbiano mai pubblicato, trascende ogni semplicistica discussione di genere o stile e sbalordisce per la sua capacità di riunire elementi disparati in un insieme coeso. Culmine di anni di introspezione e di sperimentazione ”Liminal” fa dei Valerian Swing uno dei gruppi più ambiziosi ed entusiasmanti del jazz, del rock e dell’elettronica contemporanei.
I Valerian Swing sono un trio italiano composto da Stefano Villani, Francesco Giovanetti e David Ferretti.”Liminal” è il quarto album della band e il primo full length dopo Nights del 2017 – che ha ricevuto il plauso di Rolling Stone, Drowned In Sound, Louder e Classic Rock Magazine. I Valerian Swing hanno suonato in tutto il mondo, anche al SXSW, e hanno condiviso il palco con band del calibro di Dillinger Escape Plan, Russian Circles, Boris, Deafheaven e And So I Watch You From Afar. Con l’uscita del nuovo album, la band fonda la propria etichetta dal nome Transition Totem, che vuole essere il contenitore delle diverse forme espressive di cui il trio si fa portatore, dalla musica in forma fisica (con la stampa e la vendita di CD e vinili) ai video da loro realizzati, dai visual dei concerti ai live stessi e a tutte le forme di autoproduzione che rendono la musica sostenibile e realizzabile in modo indipendente nel nostro presente.