Ready For What

E così, a un certo punto, ci tocca: arriva l’ora del passo definitivo nell’età adulta, quella dei lavori e dei doveri, delle disillusioni e delle illusioni modulate sulle possibilità; è proprio qui, in questa fase cruciale in cui la giovinezza viene traghettata nella consapevolezza e in una forma di incoscienza nuova, che si cresce: come esseri umani e, in alcuni casi, come artisti, musicisti, autori.
“Ready for what”, quarto lavoro in studio dei News for Lulu che arriva a più di 6 anni di distanza da “Circles”, è una sintesi appassionata, colorata e brillante di un momento complesso nella vita dell’uomo e dell’artista, un (auto)ironico ritratto dell’artista da non più (troppo) giovane che sa cogliere e raccontare la decadenza acclusa alla crescita, un viaggio, declinato in varie forme di pop, nei conti fatti con sé stessi: come singoli, come protagonisti di situazioni e di relazioni affettive con l’altro, ma anche come band. Mentre, all’esterno, il panorama musicale italiano ha escluso dalla scena con sempre maggiore costanza il mondo indipendente e chi sceglie di continuare a raccontare in inglese, in un momento in cui la ricchezza e la multiformità del pop vengono sempre più considerati qualità d’essai in nome di una generale semplificazione di suoni e visioni, i News for Lulu a 15 anni esatti dall’uscita del loro primo album, non solo continuano a seguire il proprio percorso con un’indipendenza lontana dalle etichette ma fanno qui, della propria attitudine al far musica, anche un solco preciso del loro nuovo lavoro. Se per ogni musicista che resta solo nella stanza, chiuso per anni a scrivere una canzone che non fa più ascoltare a nessuno, ci fosse un suo fan, uno solo, che da qualche parte, in un’altra stanza specularmente solitaria, stesse proprio aspettando di poter ascoltare quel pezzo, il brano in questione avrebbe forse poca ragione di esistere in assenza di una folla in ascolto? Di sottese domande analoghe a questa, le storie che compongono “Ready for what” sono ricchissime e, se non di concept album stiamo parlando, è proprio questa trama dell’artista e dell’uomo che si mettono in relazione con sé stessi tra illusione, delusione e accettazione, a fare da fil rouge delle vicende raccontate nelle canzoni.
Nove storie ambientate in mondi paralleli al nostro, in realtà altre che costruiscono veri e propri antri cinematografici: quelli di “Ready for what” sono mondi ultra-urbani e metropolitani che non esistono ma amplificano gli immaginari e le fascinazioni di cui sono fatti attraverso una varietà sonora ricchissima. Dal Battisti post latino e pronto alla disco music – quello della mancata San Diego Freeway e dell’album Una donna per amico – all’autenticità leziosa dei ritmi del miglior city pop giapponese, passando per l’universo dei suoni post campionati che giocano con la library music ma pure con il riciclo dello scarto: dal jingle pubblicitario alle musichette da ascensore. E non è ancora tutto, perché qui dentro troverete pezzi nati come ballad di Carole King trasformati in parodie funky e yacht rock, una costante eco di una smisurata attenzione all’opera di Prince, frasi di black music in modalità Toto; e poi J Dilla e D’Angelo, Unknown Mortal Orchestra, Childish Gambino e molto altro ancora.
Scritto tra il 2018 e il 2020 e realizzato con la collaborazione e la produzione di Luca Bergomi (Dumbo Gets Mad), “Ready for what” è un disco che nasce contemporaneo grazie a una naturale capacità di mutuare da scenari e universi passati i riferimenti adatti al nuovo: il risultato del lavoro accurato di una band che continua realmente a viaggiare in gruppo, motivandosi nella condivisione di coordinate sonore comuni; un album che è il frutto evidente di un’attenzione alla musica che non ha mai smesso di crescere e maturare proprio grazie all’incontro e allo scambio di suoni, attitudini e scenari.