Satanic Resort

Gli Horseloverfat nascono nel 2016 da un sodalizio tra musicisti romagnoli provenienti da esperienze eterogenee: i sei membri della band nel corso degli anni hanno infatti collezionato collaborazioni con artisti importanti come Vinicio Capossela, Mirco Mariani, Paolo Fresu, Jimmy Villotti, Paolo Simoni, Fabrizio Bosso, Massimo Simonini, Mitchell Froom, Marc Ribot, Howe Gelb, Stevie Wynn, Bruno Perrault. Il progetto nasce da un’ispirazione comune e condivisa: pescare nel subconscio e nei ricordi sonori dei membri della band, per generare un collage musicale apolide, contaminato e frammentario. Estremamente prolifici (dal 2016 ad oggi hanno pubblicato 6 dischi) soprattutto grazie al principale autore della band, il chitarrista, polistrumentista e cantante Hans Sachs, gli HLF hanno gravitato tra rock, psichedelia, kraut, dream pop, new wave e punk. A un anno e mezzo dal precedente “Greetings From Nowhere” il nuovo album è un ritorno alle origini di un garage punk catartico. “Satanic Resort” è stato scritto lo scorso inverno e registrato live totalmente in analogico su nastro Studer A80 in soli 4 giorni presso lo studio “L’amor mio non muore” per essere poi masterizzato da Jim Diamond (produttore dei primi White Stripes ed ex membro dei Dirtbombs).
L’album è meno eterogeneo del lavoro precedente “Greetings From Nowhere”, la cui tracklist, pur gravitando intorno a un nucleo principale acido e grezzo, riservava alcune incursioni nel pop e addirittura nel country. “Satanic Resort” è più monolitico e attraversato da riferimenti al classico connubio tra rock e demoniaco, rispetto al quale non si fa mancare tutti gli optional satanici (messe nere, sacrifici umani, orge, prostitute), snocciolati con uno strano mix di serietà e goliardia. Partendo da “Bon voyage avec Baphomet” (unico pezzo registrato a parte, precisamente a Tucson 10 anni fa), passando per il garage della title track al punk di “Beautiful Bitches”, alla cavalcata in salsa kraut di 8 minuti di “Mass and Power” (il titolo è ispirato al classico saggio di Elias Canetti), fino alla necessaria chiusura con una traccia incisa al contrario, tutto il disco è intriso di selvaggia primordialità e di spiritualità postmoderna che oscilla tra Occidente e Oriente. Tra gli ospiti troviamo tra gli altri Franco Naddei, Antonio Gramentieri alla chitarra, Vince Vallicelli alla batteria e Roberto Villa al basso. La copertina è stata “pensata” da un programma di intelligenza artificiale. Tempo richiesto : 72 secondi