Tan Man’s Hat

Batterista e compositore la cui musica supera ogni categorizzazione, Sean Noonan ama definirsi “Rhythmic Storyteller”: descrizione appropriata per un griot moderno che intreccia arazzi sonori con il suo originale linguaggio poliritmico. “Tan Man’s Hat” è il secondo lavoro col collettivo di harmolodic jazz-rock chiamato Pavees Dance, composto da figure di spicco della musica mondiale come il vocalist della formazione originale dei Can, Malcolm Mooney, il bassista Jamaaladeen Tacuma (già nella Ornette Coleman’s Prime Time), la chitarrista Ava Mendoza (Unnatural Ways) e il tastierista Alex Marcelo (Yusef Lateef Lateef). “Tan Man’s Hat” travolge l’ascoltatore con un turbinio sonoro vibrante e sconvolgente, una vera tempesta di influenze musicali: il prog rock e la classica d’avanguardia creano scintille con l’improvvisazione harmolodic e le tradizioni popolari africane, tra infusioni di psichedelia e racconti da falò. La band brilla anche grazie al mix generazionale che la contraddistingue, con gli anziani sperimentatori Mooney e Tacuma che passano una fiaccola ancora accesa ai loro più giovani compagnii d’avanguardia.
Mentre la passione di cantastorie di Noonan ha attinto dalle più disparate diverse tradizioni culturali del pianeta, il nome di Pavees Dance affonda le sue radici nella ascendenza irlandese del musicista. I Pavees sono una minoranza etnica nomade irlandese, tradizionalmente artigiani itineranti, abili nel realizzare oggetti a partire dai materiali disponibili – un dono condiviso con Noonan, le cui composizioni sono un patchwork di antiche ed eclettiche ispirazioni, che diventano nuove e vitali nelle sue capaci mani. “Pavees è la parola irlandese per un musicista viaggiatore e artigiano, una sorta di zingaro che raccoglie e crea cose”, spiega Noonan. “Questo si adatta perfettamente al concetto di narratore errante che ho sviluppato nel corso del mio percorso, fondendo le tradizioni dell’Africa occidentale e dell’Irlanda. Il nome Pavees Dance incarna perfettamente tutto questo”. La musica di Pavees Dance è animata dai testi inventivi del cantante, poeta ed artista visivo Malcolm Mooney, vocalist fondatore dell’iconica band krautrock Can. In collaborazione con Noonan, lavora con i testi come un musicista jazz usa lo strumento, utilizzando il materiale scritto come punto di partenza per voli improvvisativi. “Malcolm sviluppa o adatta i testi sul posto”, spiega Noonan. “Gli ho dato una tabella di marcia per ciascuna delle canzoni e poi l’ho lasciato libero. Ha plasmato le sue storie a partire dalle idee che gli ho dato, il che è stato un modo davvero significativo per me di svilupparmi come paroliere e di evolvermi artisticamente”. In sostanza, l’approccio spontaneo di Mooney nel reinventare i propri testi ha forti parallelismi con l’innovativo sistema harmolodic di Ornette Coleman, che il virtuoso del basso Jamaaladeen Tacuma conosce in prima persona fin dai tempi della leggendaria band elettrica del sassofonista, i Prime Time. “Essendo un batterista, il bassista è come il mio partner di danza”, dice Noonan. “Questa musica è fortemente basata sul rapporto tra batteria e basso, quindi quella di Jamaaladeen è una presenza dominante nella mia scrittura strumentale, sempre fortemente influenzata dalla teoria dell’armolodia.”
There’s Always the Night, l’album di debutto di Pavees Dance del 2014, presentava una versione in quartetto della band con Mooney, Tacuma e il chitarrista Aram Bajakian. Il trasferimento di quest’ultimo a Vancouver ha determinato una revisione del formazione, che vede la chitarrista sperimentale californiana Ava Mendoza (che ha lavorato con Nels Cline, Fred Frith, Mike Watt e Ikue Mori) prendere il posto della chitarra mentre Marcelo, collaboratore di lunga data del gruppo punk/jazz di Noonan The HUB, amplia il suono con il suo singolare approccio alle tastiere. “Volevo davvero mantenere l’elemento della chitarra elettrica nella musica, perché il volume e la radicalità che si possono raggiungere con questo strumento si adattano perfettamente alla voce di Malcolm” ha spiegato Noonan.
La complessità della musica diventa la vibrante cornice delle storie di ampio respiro raccontate in “Tan Man’s Hat”. L’album si apre con “Boldly Going”, che prende il messaggio di apertura di Star Trek per immaginare un viaggio oltre le stelle sulla Starship Earth. La fantascienza ha sempre fornito un terreno fertile per affrontare i problemi della vita reale attraverso metafore fantastiche. Condivide questo aspetto “Martian Refugee” ipotizza su come si potrebbero accogliere dei visitatori alieni giunti a noi attraverso un twist interplanetario, con l’accompagnamento di distorto ma giocoso groove. Mentre Noonan non ha mai concepito le sue opere come un veicolo di protesta, la presenza di Mooney ha aggiunto una sana dose di commento socio-politico all’inebriante mix. “Non si può davvero sfuggire a ciò che accade intorno a te”, permette Noonan. “Spesso cercavo di ignorare questi aspetti nella mia musica; volevo distogliere la mente della gente dalla realtà di ciò che sta accadendo nel mondo e dalle divisioni che ci separano. In questo progetto, però, aveva senso esplorare quel territorio per la prima volta. Malcolm è un afro-americano, nato negli anni ’60 e ’70, e ha posizioni molto precise sull’uguaglianza e la discriminazione. Essere schietto e dire esattamente come si sente è qualcosa che gli viene naturale”. “Tell Me” esprime quella franchezza con un’urgenza rinvigorente, con Mooney che recita a pieno ritmo contro le falsità politiche e mediatiche e il complesso militare-industriale. Non tutte le canzoni, tuttavia, partono da posizioni così forti. L’aggressione rock di “Girl from Another World” offre un incontro alieno più diretto, mentre la giocosa “Turn Me Over” è un pezzo di vaudeville d’avanguardia, una fiaba su un genio che esce dai solchi di un disco in vinile. La feroce “Gravity and the Grave” è una vera e propria collaborazione tra le menti dei due parolieri, con Mooney che prende una canzone di Noonan e le dona una tensione dialettica tra l’aria rarefatta dei sogni e la fatalità della morte. Un’analoga accettazione della natura ciclica dell’esistenza è al centro delle riflessioni seghettate di “The End of the Inevitable”. Scritto insieme a Günter Janovsky (così come “Girl from Another World”), “Winter Inside” chiude l’album su una nota di romantica malinconia, piena di immagini vivide più evocative che esplicative. Dove la maggior parte di “Tan Man’s Hat” è costituita da testi appena scritti, le parole della title track risalgono in realtà a quasi mezzo secolo fa, all’epoca della militanza di Mooney nei Can. La band ha registrato una versione demo della canzone a quel tempo, ma non è mai stata pubblicata; Noonan ha composto nuova musica, trasformando il pezzo in un malinconico ramshackle blues.
Sean Noonan è arrivato all’attenzione del pubblico come batterista del trio punk/jazz The HUB alla fine degli anni ’90, integrandosi rapidamente nella famosa scena dei Knitting Factory. Il suo percorso è stato deviato quattro anni dopo, quando un incidente d’auto quasi fatale lo ha costretto ad un lungo periodo di convalescenza e riabilitazione che gli ha però dato il tempo di dedicarsi allo studio per poter combinare i suoi due amori musicali: il jazz e i ritmi africani. La conseguente sete di vagabondaggio sonoro ha alimentato nel 2008 un viaggio a Bamako, Mali, per fare esperienza diretta delle tradizioni griot dell’Africa occidentale insieme al cantante/chitarrista maliano Abdoulaye Diabaté. Il viaggio è culminato nell’album multiculturale “Boxing Dreams”, manifestazione del progetto afro-celtico di Noonan Brewed By Noon. I tesori che trova lungo i percorsi dei suoi viaggi, dedicati alla raccolta di storie, vengono filtrati attraverso la sua visione per diventare suoni imprevedibili e lontani della musica ad ampio spettro, che combina l’eloquenza di un bardo irlandese, i ritmi narrativi di Samuel Beckett e la fisicità grezza di un pugile di strada. Quella musa nomade ha portato Noonan verso direzioni inaspettate, dando vita a un’esplosione di pubblicazioni e progetti che abbracciano più di 20 album, da ultimo “The Aqua Diva”, l’ultima manifestazione delle fantasie jazz che incontra Scheherazade create dal suo trio Memorable Sticks. Nel 2018 ha presentato in anteprima al Festival Internazionale “Ai Confini tra Sardegna e Jazz” in Sardegna la sua opera rock Zappanation. Ila piece, dedicata a Frank Zappa e Edgard Varèse, riflette l’affinità di Noonan per due compositori che condividono la sua passione per l’assurdo.